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John Stuart Mill

JOHN STUART MILL

 


 

Nei suoi "Principi di economia politica" (Capitolo VIII), John Stuart Mill riprende molti punti dell'analisi smithiana sulla divisione del lavoro.

Trova di nuovo posto il parallelo fra aumento della divisione del lavoro e incremento della produttività, e vengono riportati i motivi che, a seguito della divisione del lavoro, determinano una maggiore efficienza lavorativa:

1) aumento della destrezza di ciascun operaio;

2) risparmio di tempo perché non si deve passare da un lavoro all'altro;

3) invenzione di un gran numero di macchine.

Riguardo a questi due ultimi punti, Stuart Mill espone alcune considerazioni critiche su cui è necessario soffermarsi brevemente.

 

L'alternanza delle attività

Secondo Stuart Mill, Adam Smith ha sopravvalutato l'importanza del risparmio di tempo connesso alla permanenza nella stessa occupazione, trascurando l'esistenza di vantaggi derivanti da un cambio di attività.

 

"Se una data specie di lavoro muscolare o intellettuale è diversa da un'altra, proprio per questa ragione è fino a un certo punto un riposo dall'altro lavoro; e se non si ottiene subito la massima intensità nella seconda occupazione, nemmeno la prima occupazione si sarebbe potuta prolungare indefinitamente senza un certo rilassamento delle energie. È fatto di comune esperienza che un mutamento di occupazione dà spesso un sollievo laddove altrimenti sarebbe necessario un riposo completo; e che un uomo può lavorare senza fatica molte più ore se alterna le sue occupazioni, che se si limitasse durante tutto quel tempo ad un'occupazione sola. Le diverse occupazioni impiegano diversi muscoli o diverse facoltà intellettuali e alcune di queste riposano e si rinfrancano mentre le altre lavorano. La stessa varietà ha effetto stimolante su quello che, in mancanza di denominazione più filosofica, si chiama il morale dell'individuo, tanto importante per l'efficienza di ogni lavoro che non sia puramente meccanico, e non trascurabile neanche per questo". [1848, John Stuart Mill]

 

Nel discorso di Stuart Mill sono presenti spunti propri dei moderni teorici dell'organizzazione del lavoro.

Questa capacità di passare da un lavoro all'altro in maniera produttiva (versatilità e flessibilità) può essere un risultato dell'educazione.

 

"L'abitudine di passare rapidamente da una occupazione ad un'altra può essere acquisita, come le altre abitudini, con la prima educazione; e una volta acquisita non vi sono le perdite di tempo di cui parla Adam Smith ad ognuno di quei mutamenti, né la diminuzione di energia o di interesse, ma il lavoratore si dedica ad ogni ramo della sua occupazione con una freschezza e uno spirito che non potrebbe conservare se persistesse in una data parte di quel lavoro oltre il tempo cui è abituato". [1848, John Stuart Mill]

 

Le donne, rileva Stuart Mill,

 

"sono dotate (almeno nelle attuali circostanze sociali) di una versatilità di gran lunga superiore rispetto agli uomini".

"Le donne hanno una pratica costante di passare rapidamente da un'occupazione manuale all'altra, e ancor più da una operazione mentale all'altra, la qual cosa raramente risulta in uno sforzo supplementare o in una perdita di tempo". [1848, John Stuart Mill]

 

Gli uomini invece sono più abituati a lavorare in maniera continua, per un lungo periodo di tempo, compiendo la stessa operazione o lo stesso tipo di operazioni.

Ciò non toglie che la versatilità possa essere una caratteristica anche maschile e che

 

"un uomo che ha coltivato l'abitudine di dedicare la propria attenzione a molti lavori, lungi dall'essere quella persona indolente e pigra descritta da Adam Smith, è di solito particolarmente vivace e attiva". [1848, John Stuart Mill]

 

È vero d'altra parte, aggiunge Stuart Mill, che vi sono dei limiti alla versatilità di ogni individuo e quindi al cambio di attività, per cui

 

"una continua varietà (di lavoro) è anche più defatigante di una uniformità perpetua". [1848, John Stuart Mill]


 

Invenzione delle macchine

Per quanto riguarda il terzo vantaggio attribuito da Adam Smith alla divisione del lavoro, cioè l'invenzione delle macchine) ciò è vero ma fino ad un certo punto. Infatti, anche Stuart Mill pensa che

 

"le invenzioni tendenti a risparmiare lavoro in un particolare compito, sono più probabili nei casi in cui i pensieri del lavoratore sono intensamente indirizzati a quella occupazione e continuamente esercitati al riguardo". [1848, John Stuart Mill]

 

Al tempo stesso, non sempre l'occupazione intensa in una attività porta alla messa in luce di invenzioni che tendono a risparmiare lavoro in quella data operazione.

 

"Questo dipende molto più dall'intelligenza generica e dalla attività intellettuale abituale che dal carattere esclusivo dell'occupazione; e se questa esclusività è spinta al punto da andare a danno dello sviluppo dell'intelligenza, da un vantaggio di tal genere vi sarà più da perdere che da guadagnare". [1848, John Stuart Mill]

 


Divisione del lavoro  e capacità dei lavoratori

Per Stuart Mill, il vantaggio principale della divisione del lavoro consiste nella

 

"più economica distribuzione del lavoro, attraverso la classificazione dei lavoratori secondo le loro capacità".

"Diverse parti della stessa serie di operazioni richiedono gradi disuguali di capacità e di forza fisica; e coloro che hanno abilità sufficiente per le operazioni più difficili o forza sufficiente per i lavori più duri, sono utilizzati in maniera molto più produttiva quando sono impiegati solamente in queste operazioni".

"La produzione è al massimo livello di efficienza quando l'esatta quantità di abilità e di forza, che è richiesta per ogni parte del processo produttivo, risulta impiegata e nulla più". [1848, John Stuart Mill]

 

Chiaramente, l'acquisizione continua di nuove capacità e l'innalzamento del livello di istruzione sono destinati a introdurre modifiche radicali nella divisione del lavoro, con la scomparsa delle operazioni più semplici e ripetitive, che verranno sempre più eseguite dalle macchine.

 


 

Riferimenti

[1848]  John Stuart Mill,  Principles of Political Economy, Longmans, Green, and Co, London, 1902

[1848]  John Stuart Mill,  Principi di economia politica, Utet, Torino, 1979